Leggi la recensione di Luca Santià (link).
Vanni Bianconi esordisce nel campo della narrativa raccogliendo, sotto il titolo Tarmacadam, “ventuno incantesimi”, ovvero ventuno racconti scaturiti da una parola speciale e ambientati in un luogo sempre diverso. Le ventuno parole da cui nascono i testi sono scelte per la loro poeticità, polisemia, intraducibilità, etimologia o evocatività, e consentono di raccontare episodi, sviluppare riflessioni, evocare luoghi e tempi spesso remoti, convocare testi altrui. Intitolati con il luogo e la parola da cui nascono, ad esempio « Ambrì – fàura » o « San Paolo – rimosso », i singoli incantesimi sono molto diversi gli uni dagli altri: a volte si parte da un termine per poi sviluppare la narrazione, altre volte la parola chiave si svela nel racconto e genera una riflessione, una spiegazione etimologica. Si instaura così una dialettica fra il testo e la lingua, alla quale Vanni Bianconi, che impiega i vocaboli con l’acribia del linguista e con la sensibilità meravigliata del poeta, è molto attento. Si apprezza la diversità dello stile e della scrittura, che spaziano dalla narrazione tradizionale alla riflessione filosofica alla prosa poetica; altre volte la forma dell’incantesimo esaurisce queste categorie. I racconti sono scritti in prima, seconda o terza persona, a volte in dialogo con un altro scrittore – duetto concertato o postumo – oppure con un poeta che Bianconi sta traducendo. Se l’autore sembra onnipresente nel libro, non è sempre facile determinare se sia personaggio (fittizio?), narratore, scriba di storie altrui o solo voce o sguardo. Opera ricca di echi, ammiccamenti e rinvii alla tradizione letteraria, Tarmacadam è al tempo stesso caratterizzata da una disinvolta libertà formale. Il grande pregio del libro sta proprio nel suo abilissimo gioco con i generi letterari. Non accontentandosi di proporre una forma nuova, l’incantesimo, Bianconi ricorre alla scrittura di sé e alla poesia (si apprezza in particolare la poesia dagli echi dannunziani che chiude il primo racconto), scrive un diario di confinamento e si addentra nel genere della letteratura di viaggio, si ispira a voci di dizionari (o di Wikipedia) e redige saggi, procede a ricostruzioni etimologiche e dialoga con altri scrittori.
Se il primo e l’ultimo racconto sono ambientati in Ticino e sono perciò l’occasione per l’autore di indagare le sue radici familiari, geografiche e linguistiche, Bianconi ha posto al centro del libro « Londra – francobollo », incantesimo del luogo in cui si abita, da cui si parte e a cui si torna, del viaggio mentale, della capacità d’immaginazione e del potere del linguaggio. Il testo, che riunisce più generi letterari, concentra le caratteristiche e i temi della raccolta. Vi appare per la prima volta la parola tarmacadam (sostantivo inglese ottocentesco composto da tar “catrame” e da Macadam, padre dell’omonima invenzione, che ha dato le odierne tarmac e macadam), scelta come portavoce della poetica dell’intero libro perché fonte di sogno e poesia, preludio al viaggio. Il termine tarmacadam e le altre ventuno parole chiave sono, come spiega Bianconi nella nota introduttiva, eteronimi, vocabolo polisemico con cui si designano tra l’altro le voci correlate nel significato ma diverse nella forma e quelle di due lingue diverse che sono l’una la traduzione dell’altra. Etero-nimo: l’alterità e le parole, ecco i due poli dell’attività di Vanni Bianconi, che si propone di abitare lo scarto tra le lingue e le culture, di coltivare il fertile spaesamento linguistico e culturale. Il poeta e traduttore sembra rivendicare sia la confusione delle lingue avvenuta a Babele (nome, tra l’altro, del festival che dirige) sia la riparazione di questa maledizione accaduta durante la Pentecoste (racconto biblico riprodotto in « Londra – francobollo »): si occupa tanto di valorizzare le differenze e le sfumature linguistiche quanto di rendere possibile la comunicazione, la condivisione. Quelle dedicate alla traduzione, alle possibilità di dialogo e apertura che questa permette sono tra le pagine più ricche e suggestive di Tarmacadam. Tutte le riflessioni linguistiche e filosofiche di Bianconi prendono spunto dalla sua esperienza, dagli incontri casuali e dalle parole nuove. « Ramallah – أدب », racconto ambientato in Palestina nel quale si ragiona di straniamento linguistico e di incontro scontro fra i popoli, è l’occasione per il traduttore di meditare sulla parola chiave: «أدب (/adab/) significa “letteratura” e “buone maniere”, e io che lavoro sulla traduzione come “ospitalità linguistica”, quella che ti porta ad abitare presso l’altro per poi poterlo invitare a casa tua, mi sento a casa, di chi non importa» (p. 137).
L’ideale che si percepisce nel libro è quello della traduzione, dell’incontro felice e fecondo tra i popoli, le culture e le lingue, della vita on the road, del continuo viaggiare (in aereo, nonostante l’accennato flygskam, ovverosia “vergogna di volare”, e la partecipazione pacifica e allegra alle attività di Extinction Rebellion), della tolleranza per le differenze culturali. Non a caso il libro è pubblicato dalla casa editrice milanese nottetempo, che si interessa molto al paesaggio letterario internazionale. La forma frammentaria e composita del libro rispecchia il pensiero del contemporaneo cittadino del mondo che crede che le diverse lingue, culture e popolazioni si mescolino in un meticciato, una creolizzazione che sarebbe un elemento costitutivo dell’odierna condizione dell’uomo. Tarmacadam è un mosaico di tante esperienze, luoghi, incontri, eventi e – soprattutto – parole, le quali sono una via d’accesso a un mondo frammentato, molteplice, mutevole. A questo Zeitgeist del ventunesimo secolo si somma l’influenza della magia (forse sarebbe più giusto parlare di misticismo o animismo) che si avverte in molte pagine e che si lega all’amore per le parole: per Vanni Bianconi l’epifania si compie in relazione al linguaggio se non nel linguaggio, sede dell’incantesimo.
In definitiva, il poeta ticinese esordisce nel campo della narrativa con un libro personale, unico e che cambia costantemente, con grande forza inventiva, la propria forma e le proprie regole. Tarmacadam non ambisce a rassicurare il lettore con immagini e idee note, bensì a sorprenderlo sempre, a confrontarlo con quello che non conosce. Si tratta quindi di aprirsi all’alterità culturale e linguistica, di visitare luoghi remoti, di imparare parole ed espressioni nuove. Mosaico di singoli elementi compositi, l’ultimo libro di Vanni Bianconi fa vedere un mondo complesso e molteplice da esplorare spostandosi nello spazio e tra le lingue.
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