26 nov 2009

Sessantuno

a n. e b.


Ho sessant’anni. Bene, sessantuno.
Voglio cercare di essere precisa.
È strano, non rimane più nessuno
dei tanti affetti che ho cercato (o quasi),
tanti anni trascorsi con se stessi
per continuare a prendersi sul serio,
comprendersi, sfiatarsi, respirarsi,
ammutolire chi ci nega l’aria.
Sola perché l’amore non si impara
l’amore non è indursi a sopportare,
nel gioco della quiete so che baro
e voi sapete bene chi evitare.
È strano essere sola a questa età
dovere stare attenta a cosa dire
ancora innamorata della vita,
l’ultimo amore che vedo finire.


Tanti ricordi chiari di bambina.
I balli del villaggio sulla strada –
mio padre, il suo coltello da cucina
che mi insegue su quella stessa strada –
la notte di Natale che per me
cresciuta in ristorante era un deserto
in una foto in bianco e nero, neve,
pastori, Maria china sui dessert –
il morto che mio zio ha consegnato
al funerale con tre giorni di ritardo...
I simboli non mancano a chi è nato
sotto il sudario della terra, il Gottardo.
Sono partita. Siete tutti morti
o impazziti o vecchi, comunque il cuore
che io ho sposato altrove se lo sposti
non risponde e la valle vuole un nome.


La geografia giustifica lo scacco.
Ogni mossa comporta l’inversione
del colore o un salto che è uno strappo,
e ogni stato sulla mappa è un cuore.
Qualsiasi anno di vita è un dottore
che si sbaglia sull’organo malato
ma in confidenza ti segnala dove
lo specialista è l’anno passato.
Io ho amato con tutte le mie forze,
ti ho fatto ridere, amo ascoltare,
se ho parlato di fine ho detto “forse”.
Non so più usare “tu” al singolare.
Ma spazio e tempo sono vecchi amici,
rime che non si sanno abbandonare,
invece tu e tu e tu mi dici
che eri pronto a rispondere e io a attaccare.


Quando mi troveranno faccia a terra
leggi sulle mie labbra “Ora vado”,
cerca la loro impronta se ritardi,
più o meno qui, lo sai dove mi siedo.
Un fuoco ti si spegnerà nel petto.
Ma a parte questo, ho un nuovo concime
ed è quasi pieno l’altro sacchetto
di semi piccoli per le tue rime.
Però anche tu, non puoi farla finita
con questo stesso tasto, sì, la vita
che mi lascio passare tra le dita,
a cui ora ho detto sì ora vengo vita...
Be’ farai come vuoi, ma ora smamma
che io devo finire una terrine,
vangare, sfrondare la vecchia fiamma
al calicanto, su, vai, ciao pinin.

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